
Oggi si ricorda una lotta che, costantemente, da un po’, combatto con articoli, testimonianze e ricerca. Ho già scritto articoli sulla giornata internazionale contro la violenza sulle donne e, seppur ogni anno, il contenuto delle mie parole sarebbe sempre lo stesso, intriso delle stesse problematiche e delle stesse speranze, questa è pur sempre la giornata della famosa ciliegina, quella sopra ad una torta a mille strati che tutto l’anno creo e mangio, e creo e mangio, per non finirla mai, un po’ come la tela di Penelope di Ulisse.
Non so se questa tela, questo lavoro, mai cesserà. Lo spero. Eccome se lo spero. Spero di non dovermi mai più occupare di donne e di uomini arresi alla dipendenza, distrutti dal primo e dagli ennesimi scarti, devastati nelle loro autostime. Lo spero, ma il passo è molto lento, e deve essere, assolutamente, sistematico.
Questo non è un blog contro la violenza sulle donne. Ci tengo spesso a specificarlo, perchè questo è uno spazio contro la VIOLENZA IN GENERALE, sia essa nei confronti di donne, sia essa nei confronti di uomini, da parte di donne, da parte di uomini, e lungi da me discriminare le vittime maschili, che sono tantissime lo stesso – seppur in numero inferiore alle donne -. Ma questa è una giornata che FA PARTE di parte di ciò che viene trattato in tutti questi tanti articoli, perchè l’abuso narcisistico nei confronti delle donne è ANCHE violenza di genere, ed è un abuso legato ad un disturbo di personalità incentivato da idee patriarcali di cui non tratto mai, perchè non è specifico argomento di questo spazio, ma che non migliorano relazioni abusanti.
Queste, di seguito, saranno poche righe, diversamente dalle tante alle quali i miei più fedeli lettori sono abituati, ma penso siano necessarie per non dimenticare spesso l’ovvietà, affinchè non diventi ovvietà, neanche in habitat tipo questi, in cui discutere e sviscerare problematiche simili è pane quotidiano ed essenziale.
Questa non è la lotta mia. E’ una lotta che TUTTI dovrebbero combattere ogni giorno, donne ed anche uomini, ed in maniera appropriata, perché finché si parla di schiaffi è giustissimo, e di lividi, e percosse è giustissimo lo stesso.
Ma violenza è tutto quanto.
Violenza sono gli schiaffi e le coltellate. E violenza sono anche i silenzi che atterriscono l’anima. E la manipolazione che offusca, e i tradimenti che avviliscono, e le briciole che riportano dentro alla spirale, e il controllo dentro e post relazione, e lo sfruttamento economico invisibile da parte di uomini scrocconi (non mi viene un termine più aulico), o al contrario la dipendenza economica forzata della donna da parte del partner, e la gelosia possessiva (che è POSSESSO) verso di lei, da nascondere agli altri, perché un uomo che non vuole farsi vedere “debole” affettivamente non può essere geloso. Violenza è la campagna diffamatoria post fine relazione in cui la donna viene dipinta come pazza, paranoica, possessiva e bugiarda (quattro aggettivi da gran classicone, con annesse menzogne misurate ad hoc), e violenza sono, appunto, le bugie patologiche, e l’isolamento e l’allontanamento della donna dall’ambiente dei cari, e la denigrazione di qualità nobili che portano la donna a mettersi in discussione, e la negazione del sesso, o al contrario la svalutazione del sesso, e la negazione dell’amore provato per la donna, o al contrario la svalutazione della donna in quanto tale e del rapporto tra i due esistito e vissuto, e la negazione del dialogo, o al contrario il dialogo unidirezionale (che non è più dialogo) per uscire pulito dalla imminente sparizione, e le sparizioni, mascherate da (qui invece) docile perbenismo, contrita e inesistente maturità nel lasciare e tenero vittimismo, e le triangolazioni per avvilire e per creare reazioni di gelosia paranoica per essere incolpata, e l’ira indotta nella donna per farle perdere il controllo ed addossarle responsabilità dimostrabili agli occhi degli altri, e i sensi di colpa inflitti, e la frustrazione generata, e la perdita di identità.
ANCHE QUESTO E’ VIOLENZA.
Su cui TUTTE le donne possono scivolare, e non solo coloro che sono considerate dai più come deboli, insicure, fragili – questo è un pregiudizio, e totalmente errato -, ma anzi, E SOPRATTUTTO, coloro che sono forti, colme di energie, e vigore, e luce, e integrità morale, e sicurezza, e amore da dare, e delle quali qualità si ritroveranno depauperate e asciutte.
Subire fosse solo uno di questi campanelli dovrebbe far addrizzare le orecchie a qualsiasi donna innamorata.
Care lettrici, perdonare è amore. Perdonare incondizionatamente NON E’ AMORE.
Care lettrici, supportare il partner, ed essere la sua miglior conoscitrice, la sua migliore amica, la sua più forte spalla, è amore. Erigersi a salvatrici di anime non proprie NON E’ AMORE PER SE STESSE. E non ne vale la pena.
Perché ognuno, alla fine, può salvarsi solamente da solo, se vuole. E voi dovete salvare VOI STESSE. E ricostruirvi, ed estirpare vuoti del passati, ed estirpare le insicurezze instillate nel presente, e ritornare alla felicità passata o costruire una felicità reale forse mai vissuta. Quella felicità individuale, che dipende solo dalla propria persona.
Care lettrici, guardare sempre e solo il buono del partner, quello che vi mostrava all’inizio, e poi a intermittenza, e soprattutto quello che lui SEMPRE riserva agli altri, alla facciata, non è sano, quando c’è molto altro e quando voi, che lo conoscete ahimè DI GRANDISSIMA LUNGA MEGLIO di amici, cari amici, e talvolta anche parenti, SAPETE.
Care lettrici, siate sempre sincere con voi stesse, quando di campanelli spesso se ne accendono ben più di uno.
Continuerò questa battaglia per tutte, per voi, per me, per chi non conosco direttamente, per non vedere mai più una donna, nessuna mia amica, nessuna mia conoscente, subire violenze che non vede, spegnersi senza capirlo, elemosinare senza volerlo, dare più del dovuto, GIUSTIFICARE più del dovuto, ESSERCI quando non si rende conto che sta perdendo tempo, non voler ammettere ciò che già sa, ovvero che deve allontanarsi, e poi avere paura di perdere, e poi avere paura di vivere, e poi avere paura di PARLARE, perché lui sembra a tutti così meraviglioso, così CONVINCENTE.
Care lettrici, sappiate almeno questo: quando leggete, quando vi sfogate, quando mi scrivete, io sempre VI CREDO. E a tutte le mie amiche che mi leggono scrivo che quando lo avete fatto in passato, ed ora siete felicemente sole o felicemente accompagnate, io VI HO CREDUTO.
Si sbaglia, poi si risbaglia, poi si persevera, ma poi si conosce.
Si può perseverare ancora? Ancora dopo aver conosciuto? Ancora dopo del tempo? Ancora dopo essere consapevoli?
Oh sì, capita di perseverare ancora, per salvare più di quanto sia necessario alla felicità, in nome di un amore così grande, in nome di così tante altre cose, innescate e ancora in atto, in nome della famosa “ECCEZIONE” che ogni donna pensa di essere – e che spesso E’, perché una donna di valore è effettivamente LA BOTTA DI FORTUNA DI UOMINI COSI’, che loro però non colgono per elevarsi umanamente-. E poi, che sarà mai? Se un uomo fa così “è solo un po’ immaturo”, e alla fine “fa simpatia perché si vede che non è cattivo”, e i gesti positivi che a volte concede bilanciano il resto, e tanto “lo conosco, accetto i suoi difetti, e lo amo così”, e tanto “mi dice che ha bisogno di me, con gli altri non lo ammette perché si vergogna, ma io lo aiuterò”, e tanto “io so come prenderlo, ogni tanto ha strani momenti, ma sono solo momenti”.
NO. NON FUNZIONA COSI’. E se si persevera ancora, poi ci si sfranta, ed ogni volta l’asticella dell’”accettare” la qualunque si alza un po’ di più. Allora non solo si conosce: si capisce.
E una donna che capisce è una donna invincibile.
La vita è troppo breve per perdere tempo ed energie: è un concetto banale ma vero.
A tutte le donne in generale scrivo che lasciare è un atto di coraggio, essere lasciate è un’opportunità, e tenere chiuse le porte per tutte le volte che ritornano è un atto di forza, di amore per se stesse e di coscienza.
Non è mai troppo tardi per mandare (educatamente, seraficamente, e metaforicamente) a quel paese chi da quel paese ci veniva, senza odiare, senza giudicare, senza criticare, senza elevarsi a vittime, senza elevarsi a sante, senza permettere alla rabbia di modificare l’animo puro che contraddistingue, senza permettere al dolore di incattivire la propria persona e chiudersi a riccio, senza permettere a nessuno di modificare l’integrità della propria personalità, ma PERDONANDOSI e riprendendo il proprio tempo, il proprio sorriso, la limpidezza delle persone giuste (spesso poche), quelle che vedono da sempre il tuo valore umano di sempre, lo riconoscono, lo preservano e ti accompagnano nell’alimentarlo.
Partendo da un silenzio subìto di troppo, si potrà arrivare, con il tempo e con la conoscenza, ad evitare i grandi drammi di cui sentiamo troppo spesso parlare ai telegiornali.
Il mio motto, mai come oggi, è valido e importante: “Il primo gradino per la guarigione, è la conoscenza”. Ed anche il primo gradino per la prevenzione, aggiungerei.
1522 – NUMERO ANTI VIOLENZA E STALKING